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venerdì 15 gennaio 2016

Tra riso e telefonini, un’economia che cresce di giorno in giorno

La miseria? Un ricordo di 30 anni fa. Oggi il tasso di povertà è del 3%. Disoccupazione bassissima e voglia di sviluppo. E gli europei in vacanza in Vietnam? Hanno un portafoglio con un ottimo potere d’acquisto. Ecco come girano i soldi nel Sud Est Asiatico.

Ritornata dal viaggio, una domanda frequente che mi hanno posto riguarda la povertà della popolazione. C’è miseria in Vietnam? La risposta migliore è quella che mi ha dato Tuyen, un ragazzo di 40 anni che organizza gite sul fiume Mekong con la sua barca di legno: «Povertà vuol dire non avere niente da mangiare e in Vietnam nessuno muore più di fame. Durante e dopo la guerra sì, ma oggi c’è sempre qualcosa da mettere dentro lo stomaco». Ci sono persone ricche, ma sono davvero poche (e magari tanto ricche). Il tasso di povertà è del 3%. La maggior parte della popolazione vive senza lussi ma dignitosamente. In pochissimi chiedono l’elemosina, ho visto un paio di mendicanti soltanto a Saigon. Se il lavoro non c’è, se lo inventano magari improvvisandosi per esempio guide turistiche. “Stay with local people” dicono invogliandoti a fare un’esperienza autentica (a pagamento) nelle loro case, magari per un corso di cucina o per un giro in bici tra le risaie. D’altronde, anche se ancora non c’è la ricchezza consumistica alla quale siamo abituati (e per la quale i soldi non bastano mai neanche a noi), l’economia ha iniziato a girare anche qui. Le case sono spartane, piccole e strettissime: a volte non più di 15-20 metri quadrati, ma con due-tre piani (specialmente nelle grandi città). Hanno pochissimi mobili e rubinetti arrugginiti e demodé. Appena incassano qualche soldino, però, corrono subito a comprare un televisore piatto da 32 pollici in su da appendere alla parete per guardare trasmissioni occidentali e le partite di calcio.  

La banconota da 100.000 dong vale circa 4 euro
 con il tasso di cambio aggiornato a gennaio 2016
In Vietnam non esistono monete. Ci sono soltanto banconote e tutte riportano il volto di Ho Chi Minh. Al momento del mio viaggio (novembre 2015), 1 euro corrispondeva a circa 24.000 dong e con questa cifra si possono fare tante cose come un corsa cittadina in taxi o un pasto a base di zuppa Pho. Il taglio più piccolo che ho visto è da 500 dong, ormai in via d’estinzione (il valore di 500 dong è così basso che è anche inutile calcolarlo!). Di conseguenza ci sono cose che costano pochissimo e altre, invece, che hanno lo stesso prezzo applicato in Italia (come la televisione – che dunque è quasi un lusso per i vietnamiti – ma anche come altri elettrodomestici o un semplicissimo sali-scendi per la doccia). In compenso, però, il costo del lavoro è bassissimo e il tasso di disoccupazione non supera il 6% (tanto per rendere l’idea, in Sicilia è del 20%). E così, mentre in Italia le aziende private fanno salti mortali per assumere personale, in Vietnam è possibile vedere 4-5 dipendenti addetti a preparare la colazione di un piccolo albergo o un giovane portiere di un hotel a 2 stelle il cui compito è solo e solamente quello di aprire la porta ai clienti. Sarà per questo che colossi come Samsung e LG hanno deciso di impiantarsi in questo paese del Sud Est Asiatico, portando investimenti e posti di lavoro. Ho Chi Minh City (che molti chiamano ancora Saigon) è, per esempio, una città in pieno sviluppo sebbene i venti di crisi internazionale si siano fatti sentire anche qui. Ad ogni modo, la povertà rurale degli anni Ottanta è ormai un ricordo spazzato via dalla “Doi Moi”, la politica economica di apertura internazionale avviata dal governo comunista nel 1986. Da allora è iniziato il trend in crescita dell’economia vietnamita: in 30 anni il reddito pro capite è passato da 100 a 1.700 dollari.

Negli ultimi sei anni il Pil del Vietnam è raddoppiato e oggi vale 186 miliardi di dollari. L’export cresce costantemente e nell’ultimo anno ha segnato un +12%, che, tradotto in soldini, vuol dire che complessivamente hanno prodotto 150 miliardi di euro dalle vendite all’estero. Dentro non ci sono soltanto i telefonini, ma anche scarpe, borse, abbigliamento, bottoni, ecc… portano l’etichetta “Made in Vietnam”. E poi c’è l’agricoltura, da sempre settore principale dell’economia nazionale. Il primo prodotto è il riso. Dopo il Brasile, il Vietnam è il secondo produttore mondiale di caffè. Si coltiva anche canna da zucchero, patate dolci, caucciù, ananas e agrumi. La pesca è altrettanto importante, specialmente per quanto riguarda frutti di mare e crostacei. Impossibile per me dimenticare la scena di una famiglia, modesta e numerosa, seduta a tavola per un qualsiasi pranzo: c’era una montagna di ostriche, piatto unico di quel pasto. Come a dire, l’importante è avere sempre qualcosa da mangiare. Se sono ostriche ancora meglio!

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