La miseria? Un ricordo di 30 anni fa. Oggi il
tasso di povertà è del 3%. Disoccupazione bassissima e voglia di sviluppo. E gli
europei in vacanza in Vietnam? Hanno un portafoglio con un ottimo potere d’acquisto.
Ecco come girano i soldi nel Sud Est Asiatico.
Ritornata
dal viaggio, una domanda frequente che mi hanno posto riguarda la povertà della
popolazione. C’è miseria in Vietnam? La risposta migliore è quella che mi ha
dato Tuyen, un ragazzo di 40 anni che organizza gite sul fiume Mekong con la
sua barca di legno: «Povertà vuol dire non avere niente da mangiare e in Vietnam
nessuno muore più di fame. Durante e dopo la guerra sì, ma oggi c’è sempre
qualcosa da mettere dentro lo stomaco». Ci sono persone ricche, ma sono davvero
poche (e magari tanto ricche). Il tasso di povertà è del 3%. La maggior parte
della popolazione vive senza lussi ma dignitosamente. In pochissimi chiedono
l’elemosina, ho visto un paio di mendicanti soltanto a Saigon. Se il lavoro non
c’è, se lo inventano magari improvvisandosi per esempio guide turistiche. “Stay
with local people” dicono invogliandoti a fare un’esperienza autentica (a
pagamento) nelle loro case, magari per un corso di cucina o per un giro in bici
tra le risaie. D’altronde, anche se ancora non c’è la ricchezza consumistica
alla quale siamo abituati (e per la quale i soldi non bastano mai neanche a noi),
l’economia ha iniziato a girare anche qui. Le case sono spartane, piccole e
strettissime: a volte non più di 15-20 metri quadrati, ma con due-tre piani
(specialmente nelle grandi città). Hanno pochissimi mobili e rubinetti
arrugginiti e demodé. Appena incassano qualche soldino, però, corrono subito a
comprare un televisore piatto da 32 pollici in su da appendere alla parete per
guardare trasmissioni occidentali e le partite di calcio.
In Vietnam
non esistono monete. Ci sono soltanto banconote e tutte riportano il volto di
Ho Chi Minh. Al momento del mio viaggio (novembre 2015), 1 euro corrispondeva a
circa 24.000 dong e con questa cifra si possono fare tante cose come un corsa
cittadina in taxi o un pasto a base di zuppa Pho. Il taglio più piccolo che ho
visto è da 500 dong, ormai in via d’estinzione (il valore di 500 dong è così
basso che è anche inutile calcolarlo!). Di conseguenza ci sono cose che costano
pochissimo e altre, invece, che hanno lo stesso prezzo applicato in Italia
(come la televisione – che dunque è quasi un lusso per i vietnamiti – ma anche
come altri elettrodomestici o un semplicissimo sali-scendi per la doccia). In
compenso, però, il costo del lavoro è bassissimo e il tasso di disoccupazione
non supera il 6% (tanto per rendere l’idea, in Sicilia è del 20%). E così,
mentre in Italia le aziende private fanno salti mortali per assumere personale,
in Vietnam è possibile vedere 4-5 dipendenti addetti a preparare la colazione di
un piccolo albergo o un giovane portiere di un hotel a 2 stelle il cui compito
è solo e solamente quello di aprire la porta ai clienti. Sarà per questo che
colossi come Samsung e LG hanno deciso di impiantarsi in questo paese del Sud Est Asiatico, portando investimenti
e posti di lavoro. Ho Chi Minh City (che molti chiamano ancora Saigon) è, per esempio, una città in pieno sviluppo sebbene i
venti di crisi internazionale si siano fatti sentire anche qui. Ad ogni modo, la
povertà rurale degli anni Ottanta è ormai un ricordo spazzato via dalla “Doi
Moi”, la politica economica di apertura internazionale avviata dal governo
comunista nel 1986. Da allora è iniziato il trend in crescita dell’economia
vietnamita: in 30 anni il reddito pro capite è passato da 100 a 1.700 dollari.
Negli
ultimi sei anni il Pil del Vietnam è raddoppiato e oggi vale 186 miliardi di
dollari. L’export cresce costantemente e nell’ultimo anno ha segnato un +12%,
che, tradotto in soldini, vuol dire che complessivamente hanno prodotto 150 miliardi di
euro dalle vendite all’estero. Dentro non ci sono soltanto i telefonini, ma
anche scarpe, borse, abbigliamento, bottoni, ecc… portano l’etichetta “Made
in Vietnam”. E poi c’è l’agricoltura, da sempre settore principale
dell’economia nazionale. Il primo prodotto è il riso. Dopo il Brasile, il
Vietnam è il secondo produttore mondiale di caffè. Si coltiva anche canna da
zucchero, patate dolci, caucciù, ananas e agrumi. La pesca è altrettanto
importante, specialmente per quanto riguarda frutti di mare e crostacei. Impossibile per me
dimenticare la scena di una famiglia, modesta e numerosa, seduta a tavola per
un qualsiasi pranzo: c’era una montagna di ostriche, piatto unico di quel
pasto. Come a dire, l’importante è avere sempre qualcosa da mangiare. Se sono
ostriche ancora meglio!
Nessun commento:
Posta un commento